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“Questi racconti”, afferma Lodovica San Guedoro, “li ho scritti in un certo qual modo per tramandare quello che mi capitava da ragazza, e non solo, quando andavo per le vie del mondo. Il mostro di Firenze, o l’uomo che aveva tutta l'aria di esserlo, anche quello ho conosciuto. Svolgeva l’attività di affittacamere, e io sono stata sua ignara ospite per un pezzetto insieme a mio marito… Questo libro è perciò una piccola rassegna delle molestie sessuali subite principalmente in Italia per la strada, nei cinema, nei parchi, sui bus, prima di espatriare e anche tornando in patria per vacanze. Ma è stato in Germania che, con mia cugina, sono andata vicino alla violenza carnale e sfuggita forse alla morte.”
Ventisette racconti, ognuno dei
quali è un’incantevole tessitura di ricordi multicolori, sfavillanti di luce e
di bellezza, ognuno un episodio di un unico sogno: perché, per una misteriosa e
affascinante alchimìa dello spirito, il passato si ripresenta agli occhi
dell’anima con le movenze fluttuanti ed eteree di un lungo e vasto sogno, e a
tal grado si mostra qui l’affinità di vita e sogno da indurre a riguardarlo, il
passato, come il sogno già vissuto di quella stessa anima. Una musica apollinea
e mozartiana con Leimotiv tuttavia dionisiaco. Una narrazione con un motivo
ricorrente, l’insidia sessuale, che riemerge sempre nel bel mezzo o alla fine di
una rievocazione. Nel mare di armonia, regolarmente irrompe una dissonanza.
Tutti i racconti fatalmente s'incagliano in quel punto. Lo schema è contraddetto
solo in tre di essi, significativamente intitolati “Dolce Stil Novo” (I, II e
III).
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