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Precedute, per così dire, dalla loro fama, queste pièces, le cui
peripezie sono state narrate in Requiem di Arlecchino dalla
stessa autrice, si rivelano al lettore pari alla loro fama: finissime,
graffianti fino al sangue, deliziose, veritierissime e crudeli, eleganti
e traboccanti di brio. Gettando sguardi profondi nell'animo umano con la
grazia e la dissimulazione della grande arte, esse sono la pratica
vivente proprio di quella catarsi gioiosa che appare introvabile nel
teatro odierno.
Amore è stufo, un delizioso scherzo sull'ermafroditismo, "che
nasconde tante possibili interpretazioni, giochi di ruoli, confusioni".
( Luca Ronconi) Un implacabile girotondo dell'amour fou, che, con la sua
magica trasparenza di sogno e le sue cadenze antiche e leggiadre,
sorride enigmaticamente su una visione modernissima.
L'ingannatore di Siviglia, dove don Giovanni è donna Elvira...
una donna, anzi una ragazza di diciannove anni, cinica, sprezzante della
morale corrente, fragile e terribile.
Queste opere squisitamente soffuse di atmosfere magiche e poetiche,
mentre giocano una viva dialettica con il passato e lanciano ineffabili
ponti nel futuro, adombrano significati cangianti e complessi, che si
fanno indagare, esplorare, ma non rinchiudere in una formula, in uno
schema teorico.
Da rappresentare a teatro, quantunque perfette già come lettura.
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