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Una favola arcana che svolge i destini di cinque studenti
dell'università di Tubinga, partiti per l'Oriente e, dopo una notte stipata
di incidenti in uno squallido alberghetto di Brindisi, da un maremoto
separati, invece, e scagliati su una terra sconosciuta...
I rimandi a "L'avventuroso Simplicissimus", romanzo picaresco del seicento
ambientato durante la guerra dei trent'anni, non dovrebbero sfuggire ai
dotti. Ma, da quella notte fatale, il romanzo va sempre più rassomigliando a
un bellissimo naufragio della "personalità". Si passa dal regno dell'aria a
quello delle acque, dallo stato di uomini a quello di pesci e di nuovo a
quello di uomini, continuamente la realtà si muta in sogno e i sogni si
fanno realtà, s'incontrano personaggi esistiti più di duemila anni fa o
anche meno di due secoli fa...
I cinque fili si riannodano infine in una villa, apparsa inizialmente come
la caverna di Minosse... La favola, nell'ultima parte lievissima, diafana e
soffusa di incantevole grazia come un sogno rococò, si chiude con la frase:
"La Bellezza li aveva guardati negli occhi, e mai più essi avrebbero
dimenticato il suo sguardo."
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